domenica 29 gennaio 2012

SE QUESTO E' UN UOMO

SE QUESTO E' UN UOMO
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Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case

Voi che trovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici


        Considerate se questo è un uomo

        Che lavora nel fango

        Che non conosce pace

        Che lotta per un pezzo di pane

        Che muore per un sì o per un no.

        Considerate se questa è una donna,

        Senza capelli e senza nome

        Senza piu' forza di ricordare

        Vuoti gli occhi e freddo  il grembo

        Come una rana d' inverno


Meditate che questo è stato:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;

Ripetetele ai vostri figli.


        O vi si sfaccia la casa,

        La malattia vi impedisca

        I vostri nati torcano il viso da voi.
                                                      Primo Levi
 
 
 
Nel corso della Seconda guerra mondiale circa 44.000 italiani furono deportati nei Lager allestiti dai nazisti in tutta Europa per ebrei, oppositori politici,  zingari, omosessuali, Testimoni di Geova. Dei deportati italiani, quasi 9.000 furono gli ebrei e circa 30.000 i partigiani, gli antifascisti e i lavoratori (questi ultimi arrestati in gran parte dopo gli scioperi del marzo 1944), a cui si aggiungono circa 5.000 IMI o carcerati militari o ufficiali antifascisti. Circa il 90% di loro persero la vita nei campi. Si stima che siano morti nei campi di sterminio circa 7.125.000 persone.
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I campi italiani: Risiera di San Sabba
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I campi italiani: Fossoli
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I Giusti italiani
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                                     G. Perlasca                        G. Palatucci
Il termine“Giusti tra le nazioni” (Righteous Among the Nations, in ebraico:  Chasidei Umot HaOlam) indica i non-ebrei che hanno rischiato la propria vita per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista, dalla Shoah. Sono oltre 20.000 i Giusti nel mondo e 417 gli italiani che hanno ricevuto sinora tale riconoscimento. Il titolo è conferito da una commissione della Suprema corte Israeliana dal 1963.
Nonostante le leggi razziali del '38 emanate dal fascismo e il ruolo aberrante svolto dalla Repubblica sociale di Mussolini nella persecuzione degli ebrei e nelle deportazioni, il contegno del popolo italiano (salvo poche eccezioni, soprattutto nei piccoli centri, come a Trieste) fu veramente esemplare; molti, pur consci del pericolo cui si esponevano, salvarono la vita a ebrei italiani e stranieri, nascondendoli nelle loro case; i partigiani accompagnarono alla frontiera svizzera centinaia di vecchi e bambini, e li misero in salvo.Molti ebrei trovarono rifugio e salvezza grazie alla Chiesa cattolica, nelle parrocchie e nei monasteri, loro ospitalmente aperti.
“Chi viene riconosciuto Giusto tra le nazioni, viene insignito di una speciale medaglia con inciso il suo nome, riceve un certificato d'onore ed il privilegio di vedere il proprio nome aggiunto agli altri presenti nel Giardino dei giusti presso il museo Yad Vashem di Gerusalemme. Ad ogni Giusto tra le nazioni viene dedicata la piantumazione di un albero, poiché tale pratica nella tradizione ebraica indica il desiderio di ricordo eterno per una persona cara. La cerimonia di conferimento dell'onorificenza si svolge solitamente presso il museo Yad Vashem alla presenza delle massime cariche istituzionali israeliane, ma si può tenere anche nel paese di residenza del Giusto se questi non è in grado di muoversi. Ai Giusti tra le nazioni, inoltre, viene conferita la cittadinanza onoraria dello Stato di Israele”. (da Wikipedia)
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Le figure simbolo della solidarietà del popolo italiano agli ebrei sono il questore di Fiume Giovanni Palatucci e il diplomatico Giorgio Perlasca (poi riconosciuti come Giusti dallo Stato israeliano). Va ricordato anche l'eroismo del paese di Nonantola (Modena).  
Buona parte di coloro che salvarono gli ebrei in Italia durante l’occupazione tedesca furono uomini e donne appartenenti alla Chiesa, e non solo quella cattolica. Susan Zuccotti cita i casi di padre Maria Benedetto a Roma; di molti parroci come don Francesco Repetto e don Carlo Salvi a Genova; don Enzo Boni Baldoni a Quara, nel reggiano; don Leto Casini e padre Cipriano Ricotti a Firenze; don Angelo Dalla Torre e Giuseppe Simioni a Treviso;  monsignor Giacomo Meneghello di Firenze, monsignor Vincenzo Barale di Torino o Giuseppe Sala di Milano. Nel '43-44 Mons. Angelo Roncalli (il futuro Papa Giovanni XXIII) aiutò migliaia di ebrei a salvarsi quando era nunzio ad Istanbul. Il pastore avventista Daniele Cupertino prestò assistenza a molti ebrei a Roma.
Ma non furono i soli. Per Enrico Deaglio, il giornalista che ha raccontato per primo la vicenda del diplomatico italiano a Budapest, "il caso di Perlasca non è isolato, perchè riguarda la maggior parte dei Giusti fra i popoli, coloro che aiutarono gli ebrei durante le persecuzioni razziali, anche a rischio della propria vita".
Tra il '43 e il '45, secondo i calcoli di Michele Sarfatti, gli ebrei perseguitati che non vennero deportati o uccisi in Italia furono circa 35.000. Circa 500 di essi riuscirono a rifugiarsi nell’Italia meridionale; 5500-6000 riuscirono a rifugiarsi in Svizzera (ma per lo meno altri 250-300 furono arrestati prima di raggiungerla o dopo esserne stati respinti); gli altri 29.000 vissero in clandestinità nelle campagne e nelle città, grazie all'aiuto di tanti italiani che opposero una "resistenza non armata" alla barbarie tedesca e fascista.


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